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Nuove "Panchine Letterarie" a Monastero Bormida

Pubblicato il 10 maggio 2021 • Monastero Bormida • Cultura

Piazza Castello è il punto nevralgico del centro storico di Monastero Bormida: vi si affacciano il castello medioevale, la torre campanaria dell’ex-abbazia benedettina, la chiesa parrocchiale di Santa Giulia; qui convergono le vie del borgo antico e a poca distanza si trovano il teatro e il ponte romanico. Da alcuni giorni la piazza è più accogliente grazie a un nuovo elemento di arredo urbano installato dal Comune: tre “Panchine Letterarie” che, sulla scorta di quanto sperimentato in varie città europee, ricordano i grandi autori di Langa: Augusto Monti, Cesare Pavese, Beppe Fenoglio.

Le panchine – disposte in corrispondenza delle lesene che scandiscono la facciata del castello, intervallate da fioriere – sono state realizzate dalla ditta Viscio di Apricena (FG) e hanno la forma di un libro aperto; sullo schienale e sulla seduta sono stati trascritti in modo artistico alcuni passi celebri dei tre autori.

Di Augusto Monti – nativo di Monastero Bormida e ricordato anche dalla lapide posta proprio sulla facciata del castello – non poteva mancare il famoso brano dedicato al paese nel romanzo “I Sanssossi”: Monastero, el Monastè, la singolare terra posta fra Monferrato e Langhe, che tiene il castello in basso e il borgo in alto alla viceversa di tutte l’altre vicine: ma il castello a primo primis era un monastero, e la torre un campanile, e quel casone lassù lo chiamavan tuttora “il convento”, e su per la Tatorba certe macerie tra i rovi sono gli avanzi, narrano, d’un ritiro di donne; - e nel sangue della gente qualche cosa n’è rimasto.

Il brano di Fenoglio è invece tratto da “Un giorno di fuoco” e fa riferimento al secolare inquinamento del fiume Bormida, causato dagli scarichi della fabbrica di Cengio e purtroppo attuale fino a pochi anni or sono: (…) Hai mai visto Bormida? Ha l’acqua color del sangue raggrumato, perché porta via i rifiuti delle fabbriche di Cengio e sulle sue rive non cresce più un filo d’erba. Un’acqua più porca e avvelenata, che ti mette freddo nel midollo, specie a vederla di notte sotto la luna. (…).

Di Pavese infine è stato scelto il famoso brano de “La luna e i falò” sull’importanza di avere un paese, come riferimento, come radice salda a cui ritornare dopo aver visto il mondo: Che cosa vuol dire? Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.

“Le Panchine Letterarie – dice il sindaco Gigi Gallareto – sono un modo per rendere più piacevole il nostro centro storico, che presto sarà interessato anche dalla realizzazione di una serie di murales nel percorso ad anello del giro degli antichi mestieri, e al tempo stesso per ricordare gli scrittori che hanno creato il mito della Langa. Turismo e cultura devono andare a braccetto: non si può valorizzare un territorio solo con i prodotti della enogastronomia, ad essi devono accompagnarsi il paesaggio, i monumenti, e anche la cultura immateriale, sia quella popolare e folklorica, sia quella letteraria. Molta gente conosce le Langhe perché ha letto Pavese, Fenoglio, Monti. Queste panchine sono un modo piacevole per far riemergere nei visitatori i riferimenti a libri e autori di questo territorio che fanno parte ormai del patrimonio culturale internazionale”.