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Due delfini speciali animano le storie di "Fossili e Territori"

Pubblicato il 28 febbraio 2022 • Cultura

L'avventurosa storia di due delfini anima la penultima puntata di "Fossili e Territori": il primo attaccato e ucciso nelle acque di Bagnasco di Montafia da un temibile predatore, probabilmente l'antenato dello squalo bianco. Il secondo scoperto nelle campagne di Pino d'Asti, riconosciuto come delfino a Londra e poi scomparso per sempre.

Ricostruite e scritte dalla giornalista Laura Nosenzo, con la consulenza scientifica del paleontologo Piero Damarco, le vicende dei due cetacei che vissero nel Mare Padano si possono leggere da oggi sul sito www.astipaleontologico.it

Quella di Pino d'Asti è una storia inedita, segnalata all'autrice da Giorgio Ferrero, produttore di vini nella terra dei fossili ed ex assessore regionale all'Agricoltura. Come andò lo racconta Giovanni Savarino, 96enne dalla memoria di ferro, che trovò lo scheletro pressoché intatto del delfino mentre stava lavorando nella vigna col padre Giuseppe.  

Il ciclo di racconti è promosso dal Distretto Paleontologico dell'Astigiano e del Monferrato, il cui presidente Gianluca Forno commenta: "A prima vista, guardando lo scheletro degli animali preistorici, qualcuno potrebbe dire: ma sono solo ossa! Nei racconti di Fossili e Territori ogni esemplare (balena, dugongo, delfino, mastodonte o conchiglia che sia) diventa un essere animato perché recupera la propria vera storia e identità. Sono racconti pieni di atmosfere oltre che di precisi riscontri scientifici: questa volta vedremo come anche il mistero e la casualità giochino una parte importante nell'ordine delle cose".

Mentre del cetaceo fossile di Pino si sono perse per sempre le tracce, lo scheletro dell'esemplare di Bagnasco riposa in un armadio del Museo Paleontologico di Asti dopo essere arrivato dal Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino, insieme ad altri 144 reperti, nel 2019.  

Il primo a saltare fuori, nel 1876, fu il delfino di Bagnasco i cui resti mantengono i segni dei morsi che gli procurò lo squalo nell'assalto mortale: un essere potente, lungo circa quattro metri, che lo colse di sorpresa azzannandolo da dietro sul lato destro dell'addome per poi finirlo nella zona dorsale. La ricostruzione, e soprattutto le conclusioni (il predatore era molto probabilmente l'antenato dello squalo bianco), ha portato il delfino a essere conosciuto in tutto il mondo grazie allo studio di quattro esperti italiani.

Andarono invece da Pino a Londra, negli anni Sessanta del Novecento, alcune vertebre dell'animale preistorico scoperto negli anni Quaranta da Giovanni Savarino, che ricorda: "Avevamo scavato non più di cinquanta centimetri di terra e ci eravamo trovati davanti a uno scheletro lungo più di un metro e mezzo: una sorpresa". Come imprevedibili furono le premesse che portarono al riconoscimento del delfino a Londra, complici le conoscenze nell'ambiente della Casa Reale di due giovani donne di Pino, Albertina (Bertina) e Vittoria Signorio, che negli anni Quaranta si congedarono dalla loro numerosa famiglia per andare a fare le servente nella casa di un'attrice conosciuta a Torino.  

Il finale della storia è sorprendente e conduce a vasetti di miele prodotti a Pino che "fecero per anni il giro dei palati della Famiglia Reale", a partire da quelli del principe Filippo di Edimburgo e della principessa Margaret, marito e sorella minore della regina Elisabetta.

Anche in questa puntata "Fossili e Territori", infine, propone alcuni richiami da scoprire senza fretta: l'arco gotico, le chiese romaniche e il percorso per camminatori a Bagnasco, la tela del Moncalvo nella chiesa di Santa Maria del Carmine a Pino, il Cammino di Rino a Dusino San Michele (sulle tracce del rinoceronte fossile scoperto nel 1880), il Museo del gesso di Moncucco Torinese, il Magmax di Asti con le sue ricche collezioni di minerali racchiuse in una stanza.

Nelle foto: Scheletro del delfino di Bagnasco; particolare di una costa con i morsi dello squalo; Giovanni Savarino nella vigna in cui è stato trovato il delfino a Pino; conchiglia Mitra scobriculata, Museo dei fossili di Asti


Fonte: comunicato stampa